Per anni ci hanno insegnato che ingrassiamo perché “mangiamo più di quanto bruciamo”.
Un’equazione apparentemente logica, ma terribilmente riduttiva.
Se fosse davvero così semplice, basterebbe contare le calorie per risolvere il problema del sovrappeso — e invece siamo una società sempre più affamata, stanca, infiammata.
Il punto è che una caloria non è solo una caloria: è un’informazione biologica.
Una caloria non è una caloria
Due alimenti con lo stesso valore calorico possono avere effetti completamente diversi sul corpo.
100 kcal provenienti da zucchero bianco e 100 kcal da mandorle non sono la stessa cosa:
- le prime innescano un picco di insulina che promuove l’accumulo di grasso e stimola la fame;
- le seconde attivano i mitocondri, aumentano il dispendio energetico e nutrono il microbiota intestinale.
Uno studio pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition (Ebbeling et al., 2012) ha dimostrato che, a parità di calorie, una dieta a basso indice glicemico aumenta il metabolismo rispetto a una dieta ricca di carboidrati raffinati.
In altre parole, non è solo quanto mangiamo a determinare il nostro peso, ma cosa e come mangiamo.
Fame biologica e fame nervosa
Il nostro corpo conosce due tipi di fame:
- La fame biologica, che nasce da reali necessità fisiologiche. È regolata da ormoni come grelina, leptina e insulina.
- La fame nervosa, che nasce da bisogni emotivi: noia, solitudine, ansia, stanchezza.
Quando siamo sotto stress, la mente cerca sollievo immediato, e il cibo diventa un sedativo naturale.
Ma questo meccanismo ha un prezzo: il cortisolo, l’ormone dello stress, aumenta la resistenza insulinica e spinge il corpo ad accumulare grasso soprattutto nella zona addominale (Epel et al., Psychoneuroendocrinology, 2000).
Ecco perché dopo giornate difficili tendiamo a cercare dolci o cibi confortanti: non è debolezza, è biologia.
Solo che, nel lungo periodo, quel sollievo diventa un circolo vizioso.
Mangiare: il più potente anti-stress naturale
Mangiare lentamente, respirare tra un boccone e l’altro, masticare bene: gesti semplici che riattivano il sistema parasimpatico, quello della calma e della rigenerazione.
La masticazione stessa invia al cervello il messaggio: “sono al sicuro, posso nutrirmi”.
La mindful eating, o alimentazione consapevole, non è una moda ma una vera tecnica di regolazione nervosa.
Uno studio pubblicato sul Journal of Behavioral Medicine (2018) ha mostrato che la pratica regolare riduce i livelli di cortisolo e migliora la percezione della fame.
Mangiare con presenza è, di fatto, un potente antistress naturale.
Cibi che nutrono e cibi che affamano
Non tutto ciò che sazia, nutre.
Molti prodotti industriali — snack, merendine, cereali zuccherati, bevande light — creano una fame indotta, alterando i segnali di sazietà e scatenando il desiderio di altro cibo poco dopo.
Sono alimenti che “rubano” energia anziché fornirla: poveri di nutrienti, ma ricchi di stimoli dopaminici.
I cibi che nutrono davvero sono quelli che contengono informazioni di vita:
verdure fresche, legumi, cereali integrali veri, frutta di stagione, pesce azzurro, semi oleosi, olio extravergine d’oliva.
Sono alimenti che calmano la fame, riequilibrano gli ormoni e nutrono il microbiota.
Restrizione cognitiva: quando il controllo ci fa perdere il controllo
Molti pensano che la soluzione sia “mangiare di meno”.
Ma il cervello non funziona con le imposizioni.
La restrizione cognitiva — cioè il tentativo di controllare rigidamente l’alimentazione — crea una tensione costante tra mente e corpo.
Più ci vietiamo un cibo, più quel cibo diventa irresistibile.
Secondo Herman e Polivy (1980), questo tipo di restrizione aumenta il rischio di abbuffate e perdita di controllo.
Il motivo è semplice: quando la mente dice “non posso”, il cervello interpreta “pericolo di carestia” e aumenta l’impulso a mangiare.
La chiave non è eliminare, ma riconnettersi ai segnali del corpo.
Imparare a distinguere la fame vera da quella emotiva, a riconoscere la sazietà, a smettere di combattere con se stessi.
In sintesi
Ingrassare non è un fallimento personale, ma una risposta adattiva del corpo a stress, squilibri ormonali, cibo povero di nutrienti e disconnessione dai propri bisogni reali.
Il primo passo verso il cambiamento non è “fare la dieta”, ma ricominciare ad ascoltarsi.
Quando il corpo si sente compreso, smette di trattenere.
Quando torniamo a mangiare con fiducia, il metabolismo si risveglia.
“Non possiamo guarire un corpo che continuiamo a considerare un nemico.”
Il vero equilibrio inizia nel momento in cui smettiamo di controllarci e cominciamo a capirci.
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Commenti
Sono d'accordo, ogni nutriente è un’informazione biologica codificato in modo cosi infinitesimale e differente negli esseri viventi che li producono da avere interazioni ed effetti completamente diversi.
Da quello che posso osservare, nonostante la grande abbondanza, siamo più tristi che mai.
Le persone dovrebbero essere spinte a piacersi l'un l'altro e comprendere le proprie necessità per essere felici.